La tessitrice del bambù, dall’orto di casa al Mit. «Con le canne copio la natura»- Corriere.it

2023-02-22 17:51:05 By : Ms. Gloria Ji

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L’inglese Alison Martin, in Italia dall’inizio Anni 80, ha trasformato un problema in opportunità. Il suo laboratorio a cielo aperto, in Toscana, ha avuto riscontri positivi anche all’estero

Non si considera una artista. «Il mio è un tentativo di replicare quello che vedo in natura» . Si presenta così Alison Martin, la tessitrice di bambù , la cui abilità ha attirato l’attenzione di matematici, architetti e ingegneri, a cominciare da quelli del Mit e della Università di Ca mbridge. Ha cominciato manipolando il bambù che invadeva il suo orto, l’oliveto, il giardino di casa, per costruire pratiche strutture, sostegni per le piante rampicanti, piselli e fagioli borlotti, cetrioli, zucche e meloni. Poi, sempre con il bambù, ha costruito pollai, letti rialzati, coperture per fieno e cataste di legna e strutture per l’ombra.

Ha trasformato un problema in una opportunità. Quando le basilari tecniche apprese su internet non l’hanno più soddisfatta è andata oltre. Ha sperimentato, costruito modellini con strisce di carta , studiato come applicare la geometria alla tessitura. Dalle sue mani, senza bisogno di calcoli, righelli o centimetri, si sono così materializzate piccole figure tridimensionali , perfette come molecole chimiche. E quando dai modellini in carta è passata agli oggetti in bambù intrecciato alti anche otto metri, queste strutture elastiche e resistenti che stanno assieme senza bisogno di viti e bulloni hanno esaltato la perfezione del suo lavoro.

Di lei si è interessato il New York Times e oggi collabora con il Politecnico di Losanna e non solo. Alison Martin, 64 anni, è arrivata in Italia dalla Gran Bretagna all’inizio degli anni Ottanta dopo aver completato gli studi di design e comunicazione al Saint Martins College di Londra . La sua vita si è poi divisa tra Milano, la California al seguito del marito Mauro Cuomo che all’epoca era manager della Apple, per approdare poi a Fivizzano (Ms), un angolo di Toscana dove ha il suo laboratorio a cielo aperto . La sua attività, racconta, «nasce per pura coincidenza. Nel terreno che abbiamo comprato a buon prezzo c’era una foresta di bambù e questo faceva sì che valesse meno, perché il bambù è visto come un danno, una minaccia».

Facile utilizzarlo come tutore per i pomodori, traliccio per rampicanti, per piccole coperture del fieno, della legna. «Poiché non avevo alcuna conoscenza di tecniche di falegnameria era molto più semplice per me imparare a intrecciarlo, senza necessità di altri attrezzi o conoscenze particolari. Un giorno viene a trovarci un amico, Paolo Podio-Guidugli, professore di Scienza delle Costruzioni a Tor Vergata e osserva con interesse quello che sto facendo in modo molto artigianale e intuitivo. Al tempo stavano elaborando una tecnica che si chiama tensegrità (il cui nome inglese tensegrity deriva dalla fusione di tension e integrity)».

Una scienza che studia oggetti che occupano un volume molto ridotto e che poi nello spazio possono aprirsi acquistando un grande volume, importanti per esempio per l’Agenzia spaziale europea (come in natura gli insetti che dispiegano le ali). «Nel 2012 mi invitano a un seminario a Roma ad ascoltare il costruttivista Kenneth Snelson. Gli porto i miei modellini, lui mi dice: vale la pena proseguire. Quello è stato il momento in cui ho pensato che dovevo studiare un po’». Nel 2015 partecipa a un concorso ad Amsterdam, una gara internazionale di strutture leggere. «C’erano ricercatori del Mit , istituzioni molto prestigiose con budget e competenze ben diverse dalle mie. Sono andata. E ho vinto il primo premio». Le sue strutture intrecciate stanno insieme grazie alla frizione dell’intreccio, e ai suoi studenti Martin spiega: «Si tratta di lasciare che il bambù faccia ciò che vuole».

Gli scienziati osservano la prospettiva artigianale della signora Martin e la creazione di forme basate sulla logica : per comprendere quello che lei fa così rapidamente in modo tattile, servono a livello computazionale algoritmi decisamente complessi. I ricercatori di scienze dei materiali si stanno interessando alle forme che realizza. «In Oriente da centinaia d’anni - dice Alison - intrecciano il bambù, si pensi alla cesteria, dove ogni cestino è una forma tridimensionale, sbagliamo a pensare che i vecchi mestieri non erano avanzati sotto il profilo del calcolo matematico». E poi: «Capisco la geometria attraverso il tatto . Costruisco modellini di carta e poi li riproduco in scala più grande. Per me avere tra le mani qualcosa per studiarlo, avere la terza dimensione, invece di un buon rendering sul computer, è più facile». Un percorso utile anche per i ricercatori del Politecnico di Losanna con cui collabora. E realizzare modellini tridimensionali di molecole chimiche come di grandi oggetti con il bambù azzera i costi.

Coinvolgimento, benessere e partecipazione. Le aziende che scelgono questi criteri per motivare i loro dipendenti ottengono maggiore produttività e risultati di bilancio importanti

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