Come si comportano i gatti davanti a uno specchio? Lasciamo a noi umani gli occhi, a loro il naso- Corriere.it

2023-02-22 17:44:23 By : Ms. Anne Wong

Il primo gatto della mia vita adulta, poco dopo essermi trasferito a Roma, si chiamava Ugo ed era un soriano rossiccio di estrema eleganza : sinuoso, morbido, coccolone, diresti con tratti femminili. Lo avevo trovato quand’era ancora cucciolo, sotto una macchina parcheggiata vicino casa, con una zampetta ferita. Ugo era un micio molto calmo, rilassato e bendisposto, nonostante venisse dalla strada: forse era nato in un appartamento ed era poi stato abbandonato, o forse aveva semplicemente un buon carattere. Ma davanti a uno specchio diventava una piccola furia: cominciava ad agitarsi e poi, con uno scatto fulmineo, saltava da un lato all’altro della cornice nel tentativo di aprirsi un varco e scovare chi s’era nascosto dietro. Come tutti i gatti (e i cani) Ugo ignorava che l’immagine riflessa non era di un intruso, ma la sua ; e neppure riusciva bene a rendersi conto di chi o che cosa fosse esattamente l’intruso, perché si muoveva rapidamente – e dunque in qualche modo esisteva – ma non aveva nessun odore, e identificarlo era dunque impossibile. Già: a noi umani sembra un’ovvietà riconoscerci nella nostra immagine riflessa, ma sono pochissimi gli altri animali in grado di farlo : per quanto ne sappiamo finora, soltanto le scimmie, gli elefanti e i delfini. È stato l’etologo Gordon Gallup, negli anni Settanta del secolo scorso, a sviluppare il «test dello specchio» per misurare le facoltà cognitive e il livello di autocoscienza dei primati: la prova consisteva nel segnare con una croce un punto del corpo della scimmia che poteva essere visto soltanto allo specchio. E la scimmia, guardandosi allo specchio, riusciva a identificare e a toccare il segno sul proprio corpo. Il test dello specchio, tuttavia, non deve essere considerato un vero e proprio test di intelligenza: semmai, ci è utile per capire come il senso della vista abbia nella gran parte dei mammiferi una funzione e un peso diversi rispetto a noi e alle altre scimmie .

La vista del gatto è, come sanno tutti, formidabile: gli basta una quantità infinitesimale di luce per distinguere oggetti e animali che a noi appaiono sprofondati nel buio. E tuttavia, non è con gli occhi che un gatto riconosce un altro gatto e in generale un altro essere vivente: deve annusarlo per capire chi è . Quando andiamo incontro al nostro micio, ai suoi occhi sembiamo un anonimo gigante in movimento: ma il nostro odore ci precede ed è per questo che il gatto, anziché scappare di fronte ad una possibile minaccia, ci viene incontro allegro e affettuoso. L’olfatto serve al gatto anche per identificare e riconoscere se stesso : o, per meglio dire, per ritrovarsi nei luoghi che più gli sono cari e che in un certo senso gli appartengono, sono parte di lui. Otto, per esempio, trascorre buona parte del suo tempo sul divano della cucina o in una cesta al piano di sopra: è qui che ogni giorno invariabilmente ritorna, perché qui c’è il suo odore, qui c’è lui. Ma davanti allo specchio – è capitato una volta soltanto, per caso, mentre spostavamo alcuni mobili – si immobilizza e rizza il pelo, prima di partire alla carica come un bisonte infuriato. A noi gli occhi, ai gatti il naso: e ciascuno è perfetto nel proprio mondo.

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